Non dirmi che hai paura by Giuseppe Catozzella

Non dirmi che hai paura by Giuseppe Catozzella

autore:Giuseppe Catozzella [Catozzella, Giuseppe]
La lingua: ita
Format: epub, mobi
Tags: Fiction, General
ISBN: 9788807030772
Google: kz5dngEACAAJ
Amazon: B00KRCX9CC
editore: Feltrinelli
pubblicato: 2014-06-15T09:53:16.471000+00:00


17.

Dopo la corsa a Gibuti, il Comitato olimpico mi ha regalato un paio di scarpette da corsa. Quelle con i chiodi nella suola. Ma la cosa che più mi ha cambiato la vita era che potevo andare a correre di giorno allo stadio Cons, alla luce del sole.

Ogni luna, però, per me era una luna in meno dalla partenza di Hodan. Nei mesi che mi separavano dal nostro addio ho continuato ad allenarmi come prima, se non di più.

Il tunnel in cui ero entrata con la morte di aabe si era fatto ancora più profondo. Potevo solo abbassare la testa e cercare di correrne fuori. Avevo un unico obiettivo: non pensare, e così arrivare alla qualificazione per le Olimpiadi di Pechino del 2008. Come avevo promesso ad aabe. E sapevo che tutto dipendeva da me, dai tempi che sarei riuscita a fare in campo.

Avevo abbandonato la scuola perché non ce la potevamo più permettere. Più la guerra avanzava, meno erano i soldi per la gente. Quei pochi che hooyo riusciva a portare a casa servivano per mangiare.

In verità non mi era dispiaciuto molto, perché così potevo correre sia la mattina sia il pomeriggio. Arrivavo a sera distrutta, ma non mi interessava, crollavo sul materasso prima degli altri e mi svegliavo la mattina seguente dopo un sonno profondissimo e ristoratore, piena di energie. Cercavo anche, in cuor mio, di disabituarmi ai canti di Hodan, alle sue carez-ze, alla mano che ci stringevamo prima di dormire. E lei faceva lo stesso.

Per la seconda volta ci preparavamo a un addio. Ma adesso non ci saremmo più viste neanche di giorno, a scuola.

Abbiamo trascorso quel periodo prima della separazione in uno stato di attaccamento patologico e insieme di malato respingimento. Se, tornando a casa, una delle due non c’era, potevamo cercarci per ore e poi, una volta trovate, non ci ri-volgevamo la parola. Oppure litigavamo come mai avevamo fatto prima, e quando hooyo o Said intervenivano per rappa-cificarci scoppiavamo a piangere e ci abbracciavamo forte.

Era il nostro modo scomposto di costruirci una distanza.

Dopo due mesi, nell’ottobre del 2007, una sera Hodan è partita per il Viaggio. Aveva preparato un piccolo zaino con poche cose, con sé aveva gli scellini necessari per il pullman fino a Hargeysa, la prima tappa obbligata per lasciare il paese, e solo qualcuno di più.

Senza aver detto niente a nessuno, quella sera si era pre-sentata pronta per la partenza. Aveva preferito salutarci senza troppe cerimonie, soprattutto per hooyo. Non mi sono stupita, era da Hodan.

Così, non avevamo avuto il tempo per i lunghi saluti e i pianti. Ci siamo strette in un abbraccio, l’hanno baciata tutti i fratelli e per ultima hooyo, che prima di lasciarla andare le ha regalato un fazzoletto bianco ripiegato con all’interno una delle piccole conchiglie del barattolo che aabe le aveva donato quando erano fidanzati. Il nostro mare portatile, quello che da piccole andavamo ad ascoltare. Le ha legato il fazzoletto a un polso.

Poi Hodan è andata.

Partita a piedi, da sola, verso la stazione dei pullman.



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